Viaggio di 8 giorni in Sicilia Occidentale
Fenici, Greci, Romani, Arabi, Normanni e… il Novecento.
Da questa parte dell’isola, quella che guarda all’Occidente, numerose sono le tracce del passaggio di popoli e culture.
Numerosi sono i volti di questa Sicilia, terra antica e contesa per la sua ricchezza, ospite di differenti civiltà, e a sua volta custode delle loro eredità. In un viaggio che è come un racconto dalle Mille e una notte, l’andare per questa terra si fa lieve, accompagnato dalla grazia di una luce piena e ferma che ritaglia contro il cielo le sagome di un passato ancora vivo.
Ecco il tempio di Segesta, sentinella che vigila da 2500 anni sulle terre panormite; la silhouette morbida e sinuosa dell’efebo di Mozia, vestito da un “miracolo” di scultura; la solitaria Erice, il cui profilo si perde tra il vento costante e le rocce.
Ed ecco il mare che lambisce i floridi porti dell’araba Marsala, entrata nella storia grazie ad un inglese curioso, della fenicia Mazara il cui disordinato cuore pulsa e sobbalza come fa il Satiro danzante da secoli, e di Selinunte, la mitica Selinus, forse uno dei luoghi più magici dell’isola, in cui riposano silenti, come grandi pachidermi, antiche vestigia di questa terra.
La luce trapassa tra colonna e colonna sull’acropoli di Akragas bella, mentre un omaggio è dovuto agli dei della Valle di Agrigento.
Da sud verso nord, lungo la Valle del Belice, queste storie, raccontate nel bianco deserto di Gibellina, approdano dolcemente a Palermo, sotto lo sguardo materno della Santuzza, e si intrecciano al parlare arabo e normanno, alle strade della Kalsa, ai colori delle pietre, alle palme dei giardini.
Da brulicanti mercati spuntano sontuosi palazzi e maestose cattedrali, in cui il sole è da sempre prigioniero: i mosaici della Cappella Palatina, della Martorana e di Monreale brillano fulgidi a rischiarare la “notte” medioevale.
E il viaggio termina e ci lascia nell’incanto, davanti all’azzurro profondo del mare.
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