«Vogliamo, tanto forte ci brucia dentro un fuoco, / andar giù nell’abisso: Cielo o Inferno, che importa? / Fino in fondo all’Ignoto per incontrare il nuovo!» scriveva Baudelaire ne I fiori del male.
E proprio questo sembra voler fare Alberto Martini, illustratore. Il più raffinato, e il meno celebrato tra gli artisti italiani, a cavallo del secolo scorso.
Ad Alberto Martini è dedicata una piccola mostra, aperta al Castello Sforzesco fino al prossimo 19 gennaio 2025. E non si può non approfittare dell’occasione!
Originale, eccentrico e decadente. Un po’ periferico per provenienza -nato a Oderzo nel 1876-, e difficile da inserire in una o un’altra corrente artistica, Martini è un dandy di difficile collocazione, ma figlio del suo tempo.
La sua produzione grafica e incisoria prende le mosse dalla cultura figurativa tedesca, immaginifica e macabra del Cinquecento. Mette in scena deformazioni terribili e allo stesso tempo comiche, derivate nella tradizione nordica, dalle libere interpretazioni dei racconti biblici o dalle narrazioni fantastiche dei primi viaggiatori in terre lontane. Poi però Martini scopre Parigi, la letteratura decadente di Baudelaire, Mallarmè, Verlaine, Rimbaud e il Cinquecento nordico si mescola con il senso del mistero, con la marea montante dell’occultismo e dell’esoterismo che permeano le fantasie dell’ultimo Ottocento.
Questo è Alberto Martini, la cui estetica applica le linee sinuose dell’Art Nouveau ai temi allucinati del Simbolismo, aggiungendo un senso del grottesco originale se non addirittura inedito.
Le opere in mostra, incentrate sul tema della danza macabra, sono il luogo esatto di questo incontro, e anche l’occasione per raccontare un momento magico della storia dell’illustrazione. Alberto Martini rappresenta infatti la versione italiana della grande stagione della grafica europea.
Un artista potente e poco celebrato, di cui persino il conte Emanuele di Castelbarco, suo editore per alcune pubblicazioni, scriveva: «Il grande artista italiano, fortunatamente non apprezzato dal grosso pubblico per la stessa aristocratica profondità della sua arte».
A settant’anni dalla sua morte – avvenuta a Milano, sua ultima residenza, nel 1954-, questa mostra è l’occasione per scoprirlo, o riscoprirlo.
PS.
Il plus? La possibilità di un confronto! La mostra infatti, mette in dialogo l’opera di Alberto Martini con quella di altri contemporanei illustri: James Ensor, Félicien Rops, Luigi Conconi, Gaetano Previati… come lui intrigati dal tema della Danza Macabra!