
Realismo Magico a Palazzo Reale
I ritratti femminili, tra archetipo e modernità
La mostra dedicata al Realismo Magico a Palazzo Reale, racconta per immagini una delle molte vie del ritorno alla figurazione che ha segnato l’arte degli anni ’20. Visitandola, ci siamo lasciate conquistare dai ritratti femminili.
Perché ci piacciono? Perché con le loro forme armoniose e nitide, sono allo stesso tempo incantevoli e ingannevoli. E perché, silenziosamente, raccontano i molti volti delle donne della prima metà del secolo.
Vi raccontiamo come.

Un po’ di contesto
I ritratti esposti a Palazzo Reale sono molti e, come tutte le opere presenti in mostra, sono dipinti con misura e sapientemente disegnati, in netto contrasto con la disintegrazione delle forme praticata dalle Avanguardie fino a poco tempo prima. Questo ritorno al disegno è un cambiamento di traiettoria notevole, che nell’arte, fa seguito a quello sociale. La Prima Guerra Mondiale è finita, ed è stata una carneficina. La verve scatenata delle Avanguardie Artistiche si è esaurita. Nella generale incertezza della ‘vittoria mutilata’, l’equilibrio si cerca nel classico e, nell’arte, tornano le forme.
Riallacciare il legame con la classicità è un’operazione intellettuale, non solo formale: l’uomo, che i futuristi avevano relegato in un ruolo secondario rispetto alla macchina, spodestato dalla velocità dell’automobile e dalla potenza dell’acciaio, ora va riportato al centro del mondo.
Il Realismo Magico e il ritratto
E se si ritorna all’uomo, si ritorna al ritratto, che è doppiamente utile: da una parte perché ne recupera la forma attraverso i principi geometrici e quel senso di costruzione che si ritrova nello studio del primo Rinascimento, dall’altra perché ne investiga l’identità, che la guerra ha messo in crisi.
Il ritratto insomma, restituisce l’uomo (e la donna) e ne ridefinisce i ruoli, che sono nuovi, in una società nuova.
E se i ritratti maschili raffigurano gli imprenditori, gli architetti, i chirurghi… i ritratti femminili cosa dicono?

Il ritratto della donna come archetipo…
La prima cosa che colpisce, scorrendo questi ritratti di donne, è la similitudine dichiarata con i simboli della classicità rinascimentale. La donna realistico-magica è una Madonna laica che assomiglia a quelle di Piero della Francesca, una canefora che guarda a Tiziano, una mamma col bambino annunciata da un cartiglio e incorniciata da una finestra come nel ‘400.
Classico però non è passatista, e realismo non è naturalismo. Il legame con la tradizione è operato da artisti che sono stati prima futuristi… la loro è una rielaborazione, non è nostalgia del perduto. E infatti la donna archetipo che sembra persa nella prospettiva geometrica, non è però simmetrica, e ai cartigli in primo piano, fa da contrappunto la fabbrichetta modernissima al centro del paesaggio che sfuma all’orizzonte.

…e il cliché della donna madre
Questa donna eternata in un tempo circolare, antico e moderno allo stesso tempo, si confà anche con l’immagine femminile che alcuni cercano di costruire: il Realismo Magico non è scevro dal clima politico in cui si sviluppa, e non è un segreto che la morale collettiva del fascismo punti tutto su un uomo atletico e pronto alle armi e su una donna fertile e materna che sta a casa e pensa solo alla famiglia. La Maternità di Achille Funi, pur senza fini politici, un po’ le assomiglia, con le sue curve morbide e piene, sane.

Ma non è questo il tipo di ritratto femminile che ci ha colpito! E’ piuttosto il suo opposto: quello che, nelle placide forme del Realismo Magico, silenziosamente, dà corpo alla donna moderna.
Il ritratto femminile, dall’archetipo alla modernità…
Senza voler andare troppo oltre, i ritratti femminili realistico-magici fotografano le ragazze degli anni ’20, serene e alla moda. Lo sono in particolar modo le donne di Anselmo Bucci, con i loro abiti raffinatissimi, nei dettagli e nei colori: le piume sui polsini, le sete color del mare, freddo e smaltato che fanno pensare a Vittore Carpaccio.
E lo sono le ragazze di Antonio Donghi, sedute al caffè, immobili, levigate e perfette quanto sospese e indecifrabili. Un intimismo borghese che rassicura solo all’apparenza, ma tant’è.

Ma proprio in questa modernità tranquilla, piano piano emerge qualche sommovimento: ci siamo, ecco il nuovo che fa capolino!
Ecco le ragazze disinvolte e chic di Baccio Maria Bacci, che si trattengono a tavola con gli uomini dopo la fine del pranzo, ascoltando una melodia alla chitarra. In abiti morbidi, con le gambe incrociate.

Ecco le giovani donne che studiano all’università, proprio come i loro fratelli maschi, quelle con ‘una stanza tutta per sé’, come sarebbe piaciuto, in quegli stessi anni, a Virginia Woolf. È così la famiglia di Carlo Levi, il cui fratello ingegnere appare solido e ben piantato, e la sorella, Luisa Levi, che sarà neuropsichiatra infantile e prima donna a pubblicare un libro sull’educazione sessuale, complessa e concentrata.

Quando la modernità è emancipazione
E infine, ci sono le ragazze che si tagliano i capelli e accorciano le gonne, perché la modernità passa anche attraverso i nuovi canoni estetici. Lo aveva fatto anche Sibilla Aleramo, che dopo essersi tagliata i capelli scriveva: «La chioma lunga, la chioma gloriosa, m’impediva di conoscere questa parte di me, la forma di questo cranio ov’è racchiusa, dicono, la mia dura volontà» (1).
D’altronde queste sono donne che vedono un mondo nuovo, fatto di telefoni, automobili, aerei, e di un nuovo senso, tutto pratico, del vivere.
Con i capelli corti troviamo Cynthia Maugham, dipinta da Felice Casorati nel 1925.
E con Cynthia c’è l’amica Bella Hutter, con loro scopriamo un mondo di emancipazione e talento: entrambe danzano sulle orme di Isadora Duncan. Nasce così la danza moderna, e grazie alla ricca e appassionata moglie di Riccardo Gualino, Cesarina Gualino, che diventa danzatrice sotto la loro guida, questa disciplina ‘liberata’ approda in Italia, a Torino.
Le ballerine non sono più “les petits rats“di Degas incoraggiate a prostituirsi, né le sfacciate cocotte dei Cafè Chantants, ma le giovani donne colte e emancipate, che credono nell’arte e nello sport.



(1)Sibilla Aleramo, Andando e Stando, Feltrinelli 1997, Milano
REALISMO MAGICO.UNO STILE ITALIANO. LE VISITE GUIDATE CON ACÀNTO
I ritratti femminili da cui abbiamo preso spunto, sono tra le opere in mostra a Milano, a Palazzo Reale.
La mostra Realismo Magico. Uno stile Italiano a Palazzo Reale è aperta fino al 27 febbraio 2022.
Dal martedì alla domenica, dalle 10 alle 19.30 (il giovedì fino alle 22.30)
Se vi va di visitare la mostra con noi, trovate le date disponibili e come partecipare alla pagina dedicata alle MOSTRE.