
Via Vettabbia, storia di un Naviglio, prima dei Navigli
Milano per le vie. Via Vettabbia
Vettabbia è il nome di una strada milanese. Una viuzza tranquilla e piuttosto defilata, in una posizione invidiabile rispetto al centro.
Non è bellissima via Vettabbia, ma il suo nome insolito risuona fin dalle origini di Milano. Vale la pena di indagare un po’, perché, come spesso succede, dietro a un nome, o in questo caso a un toponimo, si nasconde un intero capitolo della storia di una città.

Via Vettabbia, un po’ di storia e molta acqua
Molto tempo prima di essere una strada, la Vettabia era un corso d’acqua. Tra i primi a dircelo, un cronista milanese del XI secolo, Landolfo Seniore nella sua Mediolanensis Historia. Nasceva nel punto in cui le acque del Seveso – che i romani avevano abilmente deviato per tracciare il fossato delle loro mura – si incontravano con quelle dell’Olona, ovvero, più o meno nell’odierna Piazza Vetra, dove allora si formava un piccolo bacino.
Da qui, secondo Landolfo, la Vettabbia procedeva scorrendo in un tratto della sede naturale del torrente Nirone (anche quello era stato deviato dai romani e scorreva quindi altrove!), procedendo verso sud, fino a incontrare il Lambro.
Secondo alcune teorie, la Vettabbia era addirittura navigabile: nell’ambizioso schema romano delle acque, l’Olona, deviato fino alla Vetra, attraverso la Vettabbia raggiungeva il Lambro, e da lì il Po e infine il mare.
Inoltre serviva già da allora come canale scolmatore della fossa delle mura, romane prima, e medievali poi.
Leggendo tra le righe, potremmo dire che la Vettabbia sia stata il primo dei Navigli milanesi, ben prima che cominciassimo a parlare di Navigli. La sfida dell’addomesticamento delle acque deve essere proprio nel DNA di questa città!
La Vettabbia, verso la modernità
Questa è la storia antica, ma poi la città cresce, si allarga, le mura romane lasciano il posto a quelle medievali, e l’incile della Vettabbia viene spostato un po’ più in là. Siamo sempre molto vicini a Piazza Vetra, le cui acque fuoriescono ora nella forma di un piccolo canale omonimo.
Il canale Vetra scorreva per un tratto breve tra il Canale Molino delle Armi e il Fugone del Magistrato, derivati entrambi dal fossato delle mura medievali; oggi diremmo che scorreva tra via S. Croce e via Vettabbia, perché i tracciati sono perfettamente sovrapponibili. Proprio dove queste due vie oggi si incontrano, cominciava a scorrere, e continua a scorrere ancora oggi, la nostra Vettabbia, procedendo, come già in epoca romana, nel suo alveo ‘naturale’ (ovvero in quello che era stato, prima dei romani, l’alveo naturale del torrente Nirone nel suo tratto meridionale).


Via Vettabbia quando era il Fugone del Magistrato
Riassumendo: la via Vettabbia di oggi coincide con il Canale detto Fugone del Magistrato di un tempo. Di sicuro non assomigliava in nulla a ciò che è ora e fino al 1873, essendo esterna alle mura cittadine, non faceva nemmeno davvero parte di Milano!
Ci sarà stato allora, forse, un mulino e poi qualche abitazione umile, case di lavoratori, non certo di signori.
Se fosse sopravvissuta fino ad oggi, affacciata su via Molino delle Armi, proprio all’imbocco di via Vettabbia vedremmo bene la Pusterla di S. Lorenzo, poi ribattezzata Pusterla della Chiusa.

La Pusterla della Chiusa e la Torre dell’Imperatore
La Pusterla della Chiusa era una delle porte secondarie di accesso alla città. Aveva la forma tipica delle porte milanesi: una costruzione in mattoni, alta, a dare l’idea di una torre di avvistamento e con una arcata per il passaggio di carri e persone al livello della strada. Forse perché si trovava al centro di un crocchio di piccoli canali, pare che già dal 1171 sia stata aggiunta per maggior sicurezza, una seconda torre, la ‘torre dell’Imperatore’. Oggi non esiste più, ma prima di essere abbattuta nel corso del ‘700 – non sappiamo esattamente quando! –, aveva fatto in tempo a rendersi untile ad una delle pratiche più odiose della nostra storia: la caccia alle streghe, di cui era diventata la prigione.

Tra monasteri e condomini
Di tutt’altra natura l’altro edificio che possiamo ricordare, all’estremità opposta della via: un monastero femminile. Tra storia e leggenda, si racconta che abbia ospitato e protetto le giovani milanesi nubili durante l’attacco del Barbarossa e per questo resta alla storia come Monastero delle Vergini (anche se il nome corretto sarebbe invece Convento di S. Maria della Vettabbia). Non c’è più, ma una piccola parte del terreno su cui si estendeva ospita oggi l’edificio più bello di tutta la via: Casa Venegoni.
Casa Venegoni è un condominio costruito tra il 1923 e il 1927. È il frutto della sbrigliata fantasia dell’architetto Giulio Ulisse Arata: neogotico, neoromanico, eclettico… visionario! L’ingresso è in via Cosimo del Fante, una strada nata anch’essa dalla demolizione del convento. In fondo al cortile, se il portone aperto lo permette, si vedono delle arcate in mattoni e tracce di decorazioni rinascimentali sull’intonaco: non fatevi ingannare, sono solo una citazione degli antichi portici del convento.


PS. E l’acqua dov’è andata a finire?
Il canale Vettabbia scorre ancora! Sotterraneo fino all’altezza di via Bazzi, e poi alla luce del sole fino al Lambro, al Po e al mare. Ma questa è un’altra storia. A noi non resta che spiegare perché la Vettabbia si chiami così. Ed è di nuovo Landolfo Seniore a darci la risposta, suggerendo che il nome derivi dal latino vectabilis, ovvero ‘capace di trasportare’, un nome ben adatto ad indicare il canale navigabile, utile al trasporto delle merci quale, lo abbiamo ricordato, doveva essere in epoca romana.
Preferiremmo invece omettere gli aspetti meno glamour della sua storia di canale scolmatore del sistema dei Navigli perché, ammettiamolo, questo è un compito ingrato. Ma anche dalle acque più sporche e maleodoranti, può nascere qualcosa di buono: grazie alla Vettabbia, le zone sud e sud est di Milano hanno beneficiato a lungo di acque irrigue… ottimamente concimate!
Prati verdi, pascoli, mucche felici e buoni formaggi sono stati il risultato.