
A Milano, sulle tracce di Thea Casalbore Rasini
Le signore dell'arte. Una scultrice nel '900
Thea Casalbore Rasini è stata un’artista nella Milano dei primi decenni del ‘900.
Ha scelto un’arte più complicata di altre, la scultura, in un’epoca in cui l’appartenenza al genere femminile ancora era d’ostacolo anche a chi, come lei, apparteneva a una famiglia patrizia e disponeva di denaro in abbondanza.
Thea, nata Teresa Casalbore nel 1893 e originaria del Trentino, comincia già da giovanissima e senza una formazione vera e propria. Ha un indiscutibile talento, che viene riconosciuto e incoraggiato già da chi scopre i suoi primi lavori all’esposizione di Brera del 1912.
Non è certo timida la sua partenza: a soli 19 anni la sua opera d’esordio è un Prometeo incatenato, oggi perduto, di cui si ricordano le dimensioni colossali!
Thea Casalbore Rasini, scultrice a Milano nel primo ‘900
Il suo percorso è limpido. A giudicare dai suoi -pochi- lavori conosciuti, Thea si emancipa rapidamente dal verismo degli inizi e punta verso una ricerca formale più nitida e in linea con il suo tempo. Di sicuro conta l’incontro con la collega scultrice Lina Arpesani, più grande di lei di 5 anni soltanto, ma già ben nota nell’ambiente artistico milanese e non solo.
Come Lina, con cui divide per qualche anno uno studio, al N 1 di via Maddalena, anche Thea beneficia del sostegno di alcune associazioni che incoraggiano l’iniziativa femminile.
È così che, nel 1913 partecipa con 3 opere alla seconda edizione dell’Esposizione Internazionale Femminile di Belle Arti, organizzata a Torino dalla rivista “La donna” e, qualche anno più tardi, nel 1917, l’associazione femminile più rappresentativa tra tutte, Lyceum, ospita lei e la Arpesani nella sede di via Manzoni.
Oggi da quasi un po’ fastidio riconoscere il ruolo di queste istituzioni ma, in un mondo di uomini, anche ‘i vagoni per signore’ come già allora li definiva storcendo il naso Margherita Sarfatti, sono stati, bisogna riconoscerlo, piuttosto utili. Non sono comunque solo queste le occasioni espositive per Thea, che viene accolta anche alla Permanente di Milano o alla Ca’ Pesaro.

Un matrimonio riuscito
Nel 1919, Thea si sposa con Giovanni Rasini, conte di Castel Campo ed erede della Manifattura Festi Rasini.
È un bel matrimonio, con un uomo pieno di amore per l’arte, un collezionista che si confronta con lei quando acquista le opere del ‘700 lombardo e veneto che arredano la loro casa e quando avvia i restauri del maniero di Castel Campo, a Lomaso, nelle Giudicarie esteriori, che appartiene ai Rasini dal 1920.
La storia di Thea, non solo artistica, ma anche umana, è molto legata a Castel Campo, dove oggi riposa nella tomba di famiglia, dopo aver lottato fino al 1939 contro un tumore e aver abbracciato saldamente la fede, tanto da essere diventata terziaria francescana.

Villa Rasini, Aldo Andreani e il Quadrilatero del Silenzio
Ma a noi che adoriamo Milano, piace seguire le tracce di Thea e Giovanni nella nostra città.
Rasini, Rasini… questo nome non può non suscitare qualche eco in chi chi ama l’architettura milanese!
E infatti la casa che è stata di Thea, costruita tra il 1926 e il 1930, lascia un segno nell’architettura meneghina in una delle zone allora più nuove e oggi più eleganti della città.
Villa Rasini, così la si indica ancora, è in via Melegari 5, immersa in quello che a volte chiamiamo ‘il quadrilatero del silenzio’ perché, nonostante la posizione centralissima, è un’oasi tranquilla, e rinverdita da preziosi giardini privati.
L’intera zona ha preso forma dalla lottizzazione degli ultimi scampoli di giardini nobiliari sopravvissuti fino alla modernità, e la casa di Thea fa parte dell’articolato piano di edificazione che li ha sostituiti, e in parte a dire il vero, salvati, disegnato dall’architetto Aldo Andreani a metà degli anni ‘20.

Villa Rasini e le sue vicine: un progetto organico e audace
Proprio dall’estro fantastico di Andreani nascono il Palazzo Fidia, inconfondibile e visionario, e le 2 ville simmetriche che gli stanno di fronte: la villa Zanoletti –oggi Mozart-, e quella di Thea e Giovanni. È qui, in una dependance della villa, che Thea aveva allestito il suo studio, dove continua a lavorare fino almeno al 1932.
Villa Rasini si distingue per l’intonaco giallo, mentre le forme solide e curve la accomunano alla sua gemella in mattoni, villa Mozart (che però siamo abituati a vedere ricoperta di tralci di vite!). Le due ville appaiono piuttosto sobrie, ma il disegno delle finestre e i dettagli curvilinei delle inferriate che Andreani riprende identiche nel ben più elaborato palazzo Fidia, creano un trait-d’union singolare e indovinato che le rende complici dell’audacia di quest’ultimo.
Dove siamo esattamente? alle spalle di Palazzo Serbelloni, di cui villa Rasini e villa Mozart condividono la vista sul parco e a pochi passi da Villa Necchi Campiglio, da un lato, e Palazzo Sola Busca dall’altro.


Casa Torre Rasini, una proprietà di famiglia
Ma non abbiamo finito la nostra indagine sulla Milano di Thea, il nome Rasini richiama infatti, e non per caso, un altro illustre edificio milanese: la Casa Torre Rasini, all’angolo tra i Bastioni e il corso di Porta Venezia.
Qui la famiglia del marito di Thea era proprietaria di un palazzo neoclassico che viene abbattuto, di concerto con il Comune, nel 1923. Sparito questo, e spariti i bastioni spagnoli, Gio Ponti ed Emilio Lancia, nel 1931, vengono incaricati, proprio da Giovanni Rasini e dal fratello Mario, di costruire il moderno condominio che ancora oggi ammiriamo.
Sarà l’ultimo frutto del loro sodalizio decennale, ed è un capolavoro.

Casa Torre Rasini: un’icona milanese
Una posizione favolosa per un investimento edilizio -siamo all’imbocco, anche simbolico, del centro città-, ma non certo scontata. Ci troviamo nel punto di incontro tra una via trafficata e un parco urbano. C’è la tradizione dei palazzi neoclassici del corso e l’esigenza di modernità della nuova borghesia milanese. E infine c’è un clima culturale e artistico indeciso tra il gusto novecentista che piace a Milano e il richiamo internazionale del Razionalismo.
La sfida è raccolta e il risultato è magnifico, forse proprio perché anzi che smorzare le contrapposizioni, Ponti e Lancia le esaltano. Nasce così una struttura doppia come le sue premesse: due blocchi, un cubo squadrato e rigoroso, in marmo bianchissimo, e una torre curvilinea e svettante, in milanesissimi mattoni. Compatti sul fronte esterno, aperti verso l’interno, soprattutto la torre, che sembra puntare dritta verso il cielo sul lato strada, e digrada invece, morbida come una collina verso il parco.


Thea Caslbore Rasini scultrice al Cimitero Monumentale
E per concludere, inseriamo nel nostro ideale percorso milanese sulle tracce di Thea Casalbore Rasini, il Cimitero Monumentale. Qui resta la prova del suo talento di artista nelle tombe di famiglia: Vignoli e Casalbore, una accanto all’altra. Il ritratto di Tito Vignoli, il nonno materno che era stato direttore del Museo di Storia Naturale a Milano, è incorniciato in un tondo e sormontato da un busto femminile velato e dolente. In ricordo della madre Thea scolpisce invece, una figura femminile michelangiolesca e possente. Belli entrambi e trascurati dal tempo, ma facilmente accessibili a chi desideri vedere da vicino l’opera di una scultrice brava e, purtroppo, altrettanto trascurata…



Per scoprire di più su Thea:
Roberto Pancheri, Thea Caslbore Rasini (1893-1939), Una scultrice milanese tra verismo e simbolismo, in Atti dell’Accademia Roveretana degli Agiati, 2016